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C’è posta per me

 Questa è la mia storia: ho 56 anni e sono una persona credo intelligente, di esperienza, abbastanza disincantata e anche una seria professionista. Ne ho viste e superate tante e il buon senso mi ha sempre guidata. Un divorzio alle spalle, due figli cresciuti quasi da sola e la certezza di aver cominciato a capire qualcosa su come va il mondo. La premessa è doverosa perchè, proprio a me, è capitato di restare impigliata nella rete di un uomo, ormai lontano, dal comportamento incomprensibile. Mi era piaciuto subito. I modi gentili, affascinanti, un camice che portava con autorevolezza e savoir faire. Tutti intorno a lui gli si rivolgevano con riverenza e lui distribuiva sorrisi e parole rassicuranti come un prete in chiesa le ostie dopo la confessione. Iniziò a corteggiarmi…telefonate lunghe la notte, quando le parole escono con più facilità...mi fai compagnia, mi diceva, mentre mi raccontava delle luci che si lasciava alle spalle prendendo un’ autostrada  deserta che lo riportava a casa.
Due volte al mese era nella mia città.
Combinavamo cene romantiche, fughe in piccoli agriturismi accoglienti e discreti ed io,  completamente imbambolata, ascoltavo i suoi racconti come una ragazzina che crede nelle favole sussurrate nella notte, prima di addormentarmi felice fra le sue braccia.  Poi, una sera l’appuntamento salta. Un vocale che racconta di una madre in fin di vita, di una sala operatoria pronta….. un saluto frettoloso, giustificato dalla gravità della sua situazione…
Per mesi non l’ho più visto. Le telefonate diminuivano, i suoi impegni sempre più pressanti ed io che bevevo tutto, tutto, tutto quello che mi diceva.
Poi, la fine della storia arriva all’improvviso. Un nuovo appuntamento che salta, all’ultimo minuto e la sua  voce che, nel medesimo vocale di due mesi prima recita la stessa cosa: mia madre molto grave, scusami, sto entrando in sala operatoria…
La doccia, freddissima, arriva a gelarmi il cuore.  Avevo avuto nel dettaglio il racconto di un funerale, avevo ascoltato lacrime in un tramestio di sentimenti in cui mi sentivo insensibile ed egoista  per non essere abbastanza comprensiva di fronte al suo dolore….
Ho interrotto ogni rapporto. L’ho bloccato sul mio cellulare. Ho cambiato medico ovviamente e ho raccolto quel che rimaneva della mia cieca fiducia in una piccola scatola, dentro il mio cuore.
E’ passata? Non lo so,  ma la domanda che mi si affaccia prepotente di continuo è sempre la stessa:  a che scopo mentire così?

Risposta:  Cara amica forse sei semplicemente incappata nel classico “bugiardo patologico”.
​La bugia patologica è  un sintomo di quadri patologicici più ampi (non di rado disturbi di personalità, ma non necessariamente). Si usa la menzogna il più delle volte come meccanismo di difesa, uno stratagemma per difendersi da profondi vissuti di inadeguatezza: la bugia crea una sorta di realtà parallela nella quale siamo vincitori, protagonisti o, per lo meno, in cui non incappiamo nel severo giudizio altrui e nostro. Ovviamente se la cosa funziona un po’ di volte ci si “affeziona” e l’occasionale bugia diventa un vizio, una costante. In alcuni casi, ma abbastanza rari, la persona riesce ad essere estremamente convincente perché quasi quasi, in fondo, crede lei stessa alle bugie che dice dato che la realtà creata in esse è nettamente migliore e meno stressante della realtà concreta. Dato che la bugia compulsiva è divenuta tale in anni di “esercizio” è abbastanza difficile sradicarla, diventa soprattutto complicato quando, come detto poco sopra, è sintomo di un più ampio quadro di disagio psicologico.
Considerati fortunata per essere incappata in un “bugiardo patologico” smemorato.–altrimenti chissà ancora per quanto tempo ti avrebbe presa in giro.
Con gran savoir faire ovviamente!

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