Si erano conosciuti all’Università e qualcosa in lui l’aveva attirata. Le labbra e gli occhi neri, le mani grandi dalle unghie ben curate, i capelli arruffati e sempre fuori posto. O forse quel modo divertente di starle vicino scompigliandole sempre tutti i capelli, i piani, le regole. Diversissimo da lei sembrava arrivare ovunque lei non riuscisse. In fretta l’aveva sposato e per un periodo molto bello si era sentita felice. Poi, il vero miracolo della sua vita: suo figlio Luca. Quel piccolo mondo di occhi spalancati su di lei l’aveva , per alcuni anni, rasserenata. Si sentiva quasi normale, come se imitando le evoluzioni del suo piccolo avesse potuto per sempre dimenticare quella sensazione di estraneità che da sempre si portava dietro in presenza degli altri. Qualcuno finalmente sembrava capirla senza bisogno di usare troppe parole. Il padre di Luca però non era entrato nel “magico cerchio” e la sensazione di essere escluso dal gioco lo aveva allontanato un giorno dopo l’altro da sua moglie. Anna non aveva mai fatto nulla per richiamarlo a sé. Poi una lama fredda lungo la schiena, l’aveva colpita. Il fato, il destino, la casualità di un estrazione durante un gioco passatempo degli Dei? A 30 anni, con un bambino di 5, una diagnosi difficile e una lotta da affrontare: le parole questa volta erano state scritte senza alcuna forma immaginaria alla quale lei potesse aggrapparsi. Come sempre forte e determinata, con un carattere abituato alla lotta silenziosa attraversò quel momento come se stesse capitando ad altri. Uno enorme choc che affrontò da sola, come sempre. Normale per lei, come alzarsi al mattino e continuare a respirare. Poi, una volta vinta la sua battaglia, la seppellì dentro qualche cellula dell’ anima, come una memoria cristallizzata e quasi dimentica.
Oggi , novembre 2019
Seduta nel suo studio Anna aspetta l’arrivo del suo prossimo cliente. A 47 anni ormai ha imparato ad affrontare i colloqui con gli estranei in modo efficiente, pratico e convincente. Sono le 12 e in agenda, cerchiato in rosso, ha una nota che guarda con la fronte corrucciata, senza pensare alla ruga che in mezzo agli occhi diventerà così più profonda. Ore 13 e 30: dott.ssa Giangiacomo, medico chirurgo in ostetricia e ginecologia. Scaccia il pensiero con un gesto, come se un insetto l’avesse sfiorata e si concentra sul lieve bussare alla porta. Francesca, la sua segretaria, entra con un uomo alto, robusto e serio, più o meno della sua età, che porgendole la mano dice “Victor Salinas, piacere, grazie di avermi ricevuto, con così breve preavviso” Entrambi asciutti e concreti, seduti uno di fronte all’altra studiano in solitaria le parole con cui cominciare. Lei continua ad immaginare forme strane al posto dei punti di domanda stampati nel viso del suo interlocutore, ma si aggiusta gli occhiali con un gesto d’abitudine e dice pratica ”Coraggio, mi racconti tutto” Poche parole, dure come sassi che le sue lance non possono evitare “ Sono il padre di una bambina di 11 anni, Carlotta. Mia moglie, Rebecca, mi ha denunciato.” “Qual’è il capo d’imputazione?” “Violenza privata” “Cosa è successo? Mi racconti i fatti per favore” Fredda, la voce inespressiva, nessuna traccia di giudizio nelle sue parole. “Ho perso la testa avvocato, però vorrei vedere un altro al posto mio. Adesso mi vuole togliere la bambina, insomma, lei mi deve aiutare, non posso stare così a guardare mentre mi portano via l’unica cosa bella della mia vita.”
Anna aspetta. A volte rimanere in silenzio aiuta chi sta dall’ altra parte a raccogliere i pensieri. Spesso poi alle idee si assoceranno delle parole e il racconto prenderà forma da solo, senza essere direzionato da un suo intervento. In attesa silenziosa, osserva il suo cliente che si rincorre le mani abbandonandole alla fine sulle proprie gambe. Intanto pensa alla forza vera delle parole, che nella vita le sono state spesso amiche e che lei ha sempre usato per difendere se stessi e gli altri. Parole che scritte rimangono e assumono il potere necessario a cambiare davvero le cose. Parole sussurrate invece e mai dimenticate negli anni, che il vento aveva ormai portato via lontano: ti voglio bene, mi preoccupo per te, chiamami qualche volta. E dai mamma smettila non ho più 12 anni. Oppure: non ci sei mai. Sempre in un’altra parte della terra. O lavori o riposi, in ogni caso non ti si può mai parlare. Lascia perdere che è meglio. Con suo figlio parla pochissimo. Vive con una ragazza dalla quale ha avuto un bambino. Piccoli entrambi, per come la vede lei, ma è la sua vita e va benissimo così. Orgoglioso e pragmatico ( chissà magari un po’ le somiglia) da sempre non le ha mai chiesto molto. Vive a 5 isolati da casa sua…20 minuti a piedi che raramente lei percorre. La mamma della sua compagna è una nonna perfetta che abita a due passi da loro. Spesso disponibile ha un lavoro part time che le lascia del tempo libero. Meno male, pensa, io non avrei potuto aiutarli così. Mi sto distraendo, come sempre e rientra nel suo studio veloce, dirigendo gli occhi sul viso serio dell’uomo che ha di fronte: “E’ una storia lunga dottoressa” Sorride Anna mente risponde “Aspetto di ascoltarla questa storia, sig.Salinas, altrimenti come possiamo pensare di lavorare insieme? Cominciamo dal principio, vuole una domanda così lei prova a rispondermi? Magari così sarà più semplice per lei raccontarmi i fatti che l’hanno portato qui oggi d’accordo?” Il cenno di assenso fatto con la testa le sembra da parte del suo cliente una sorta di resa, ma poi il tono duro e aggressivo, al quale dovrà presto abituarsi, la smentiscono: “però poche storie sopra le mie parole eh, quello che è successo non l’ho cominciato io”
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